Indennità per ferie non godute, la Cassazione chiarisce il perimetro della prescrizione
Il datore è tenuto al pagamento anche dopo il periodo di prescrizione del diritto se non ha adempiuto all’obbligo di invitare il lavoratore alla fruizione nei tempi previsti per legge
La Corte di cassazione sezione Lavoro, con ordinanza 17643/2023, ha riepilogato la normativa sul pagamento dell'indennità per ferie non godute, soffermandosi, in particolare, sulla prescrizione e l'onere della prova.
Nel dettaglio, riprendendo il tema delle ferie non godute e quando le stesse devono essere pagate, la Corte di legittimità ha affermato che il datore di lavoro è tenuto al pagamento dell'indennità per ferie non godute anche dopo il periodo di prescrizione del diritto che decorre dal termine del rapporto di lavoro se non ha adempiuto all'obbligo di invitare il lavoratore alla fruizione nei tempi previsti per legge.
La Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sul ricorso di una ex dipendente dell'Inps che, a seguito della cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni, chiedeva la condanna della Pa alla corresponsione di circa 30mila euro a titolo di indennità sostitutiva per ferie non godute. Proponeva ricorso l'Inps, adducendo la prescrizione del diritto e la mancata effettuazione delle ferie per esigenze di servizio previste dal Ccnl applicato.
Posto che l'onere della prova incombe sul datore di lavoro e che, come accertato dalla Corte territoriale, l'Inps non aveva provato di avere operato con la massima diligenza in modo da consentire al lavoratore di godere delle ferie maturate, non solo ai sensi della normativa interna vigente, ma anche ai sensi normativa comunitaria, la Cassazione respinge il primo motivo di ricorso, riconoscendo al lavoratore il diritto a un'indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali non goduti.
In particolare, la Corte respinge il primo motivo di ricorso, sulla base dell'articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88; infatti, secondo giurisprudenza costante della Corte di giustizia Ue, il diritto alle ferie annuali è volto a consentire al lavoratore,di riposarsi rispetto all'esecuzione dei compiti attribuitigli in forza del suo contratto di lavoro e di beneficiare di un periodo di relax e svago, per cui il periodo minimo non può essere sostituito da un'indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro, qual è il caso di specie.
Nel respingere anche il secondo motivo, con cui l'Inps adduceva esigenze di servizio per la mancata fruizione delle ferie, previste dal Ccnl applicato, la Suprema Corte ricorda che l'articolo 10 del Dlgs 66/2003 prescrive che i contratti collettivi di lavoro possono stabilire «condizioni di miglior favore». Pertanto, la contrattazione collettiva non può essere letta in maniera da introdurre un trattamento deteriore per il lavoratore.
Ne consegue il principio di diritto sulla prescrizione dell'indennità sostitutiva delle ferie: «la prescrizione del diritto del lavoratore all'indennità sostitutiva delle ferie e dei riposi settimanali non goduti decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro, salvo che il datore di lavoro non dimostri che il diritto alle ferie ed ai riposi settimanali è stato perso dal medesimo lavoratore perché egli non ne ha goduto nonostante l'invito ad usufruirne; siffatto invito deve essere formulato in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie ed i riposi siano ancora idonei ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui sono finalizzati, e deve contenere l'avviso che, in ipotesi di mancato godimento, tali ferie e riposi andranno persi al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato».