Contenzioso

Infortuni sul lavoro, responsabilità non legata alla qualifica contrattuale

di Luigi Caiazza


In materia di sicurezza nei luoghi di lavoro non hanno rilevanza eventuali non coincidenze tra la qualifica contrattuale del lavoratore imputato delle violazioni in materia di prevenzione degli infortuni e quanto fatto concretamente.
E' questo uno dei principi su cui si fonda la sentenza n. 43193/2019 della Corte di cassazione (IV sez. Penale), depositata il 22 ottobre scorso, chiamata a decidere sul ricorso prodotto oltre che dal datore di lavoro, da un geometra assistente del cantiere edile dove trovava la morte un lavoratore investito dal cedimento di una autogru con il suo carico, complice un'errata manovra da parte dello stesso lavoratore addetto alle manovre del mezzo.
Questi era stato incaricato dell'operazione proprio dall'assistente, benché non fosse abilitato alla manovra del mezzo, né avesse ricevuto in proposito alcuna formazione e informazione.
A seguito di condanna nei due gradi di giudizio di merito, veniva presentato ricorso per Cassazione che, confermava, però, la responsabilità sia del responsabile dell'azienda, datore di lavoro, sia dell'assistente che aveva impartito l'ordine di esecuzione del lavoro.
Soffermando l'attenzione sulla responsabilità dell'assistente di cantiere, la doglianza di questi è che i giudici di merito hanno ritenuto che egli fosse un dirigente e non un mero esecutore degli ordini impartiti dal titolare della ditta.
La Corte di legittimità, nel respingere la difesa dell'imputato, sul punto ha chiarito che, ai fini dell'applicazione del Dlgs 81/2008 (Testo unico sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro) per dirigente deve intendersi colui che, in concreto, dà l'ordine di effettuare un lavoro e con quell'ordine si inserisce e assume di fatto la mansione di dirigente, sicché ha il dovere di impartire le direttive sulle modalità di esecuzione del lavoro e di accertarsi che il lavoro venga fatto nel rispetto delle norme antinfortunistiche, senza lasciare agli operai, non soliti ad eseguirlo, la scelta dello strumento da utilizzare.
E' stato ricordato che sullo stesso argomento già in passato la Corte ha ritenuto che la figura del dirigente presuppone l'esistenza di comportamenti ricorrenti, costanti e specifici dai quali desumersi l'effettivo esercizio di funzioni dirigenziali, come tali riconosciute in ambito aziendale, anche nel campo della sicurezza sul lavoro, con poteri decisionali al riguardo.
Trattasi di principi, come ricorda la sentenza in commento, che possono essere fermi ma vanno raccordati a quanto previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera d) del citato Testo unico, il quale, seppure indirettamente, definisce le funzioni dirigenziali nell'attuazione delle direttive del datore di lavoro, organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa in forza di competenze professionali, poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico.
Peraltro, l'organizzazione dell'impresa, specie quella che opera nei cantieri temporanei e mobili, pur se ha prodotto una nomenclatura non coincidente con quella del richiamato Testo unico sulla sicurezza, resta, tuttavia, quella a cui occorre fare riferimento; ciò comporta che le varie qualifiche (direttore dei lavori, direttore di cantiere, assistente di cantiere, capo cantiere, ecc.) devono essere considerate nella loro sostanza e, quindi, tradotte nelle posizioni prevenzionistiche.

La sentenza n. 43193/19 della Corte di cassazione

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