L’accordo sindacale non sana la comunicazione di licenziamento incompleta
In tema di licenziamento collettivo, la sufficienza e l'adeguatezza della comunicazione di avvio della procedura vanno valutate in relazione alla finalità della corretta informazione delle organizzazioni sindacali che, a seconda delle circostanze, potrebbe ritenersi in concreto raggiunta nel caso venga successivamente stipulato l'accordo previsto dall'articolo 4, comma 5, della legge 223/1991. Tale accordo tuttavia, non costituisce di per sé una sanatoria dei vizi della procedura, restando per il giudice l'obbligo della verifica in sede di merito circa l'effettiva completezza della comunicazione. E' quanto affermato dalla Corte di cassazione nella sentenza 32387/2019.
Il giudizio si riferisce al caso di un dipendente licenziato nell'ambito di una procedura collettiva e successivamente reintegrato dai giudici di merito, che avevano ritenuto incompleta e dunque illegittima la comunicazione di avvio della procedura in quanto non erano state indicate le ragioni per cui i licenziamenti dovessero essere limitati a una sola unità produttiva senza il coinvolgimento delle altre e ciò nonostante fosse stato raggiunto un accordo sindacale proprio su tale specifico criterio di scelta.
Il datore di lavoro ha presentato ricorso in Cassazione per diversi motivi, lamentando, per quanto qui interessa, come non vi fosse alcun obbligo di esplicitare nella lettera di avvio le ragioni per le quali non potevano essere confrontati i dipendenti della sede soppressa con quelli delle altre sedi e che, in ogni caso, il raggiungimento dell'accordo sindacale dovesse avere efficacia sanante a prescindere dal fatto se in esso fosse stato esplicitato e condiviso il vizio della comunicazione iniziale, così come avevano sostenuto i giudici di merito.
La Suprema corte ha respinto entrambi i motivi. Quanto al primo, richiamando un orientamento consolidato (tra i tanti, 203/2015) ma ancora troppe volte ignorato dagli operatori, ha ritenuto che i motivi della restrizione della platea dei dipendenti da comparare debbano sempre essere adeguatamente indicati nella comunicazione di apertura della procedura e ciò al fine di garantire l'effettività del confronto con le organizzazioni sindacali.
Quanto al secondo motivo, la Cassazione ha ritenuto che, sebbene il raggiungimento di un accordo con le organizzazioni sindacali possa essere considerato elemento sintomatico circa l'adeguatezza della comunicazione di avvio, non costituisce una sanatoria dei vizi della procedura, avendo il giudice di merito l'obbligo di verificare l'effettiva completezza della comunicazione. Nel caso specifico, la comunicazione è stata ritenuta lacunosa e ciò ha compromesso il grado di consapevolezza delle organizzazioni sindacali partecipanti e, in ultima analisi, la trattativa stessa.
Il tema dell'efficacia sanante di un accordo sindacale all'esito della procedura di licenziamento collettivo continua a presentare una certa ambiguità interpretativa. Si alternano pronunce più attente al dato formale (come quella in commento ma anche la 7837/2018) che tendono a salvaguardare una certa discrezionalità del magistrato nella valutazione circa la completezza della comunicazione iniziale a prescindere dall'esito della trattativa, ad altre che valorizzano maggiormente il dato sostanziale del raggiungimento dell'accordo sindacale, come ad esempio la 7490/2015 secondo cui l'accordo sindacale consente di norma una valutazione effettiva circa l'adeguatezza della comunicazione iniziale da intendersi disancorata da un rigido e astratto formalismo.
Tale incertezza dovrebbe però risolversi alla luce dell'attuale testo dell'articolo 4, comma 12, della legge 223/1991, che prevede espressamente la possibilità che le parti possano sanare eventuali vizi della comunicazione di apertura purché però tale volontà risulti in modo chiaro e univoco nell'accordo sindacale, anche attraverso una dichiarazione ricognitiva del contenuto della comunicazione di avvio.