Contenzioso

L’attestazione non veritiera del modello F24 costituisce falso ideologico

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di Salvatore Servidio

La vicenda su cui si è soffermata la Quinta Sezione Penale della Corte di cassazione con la sentenza 2 maggio 2018, n. 18803, riguarda la contestazione all'imputato del reato di cui all'articolo 483 cod. pen., di avere falsamente attestato, in due modelli di pagamento unificato delle imposte F24, di essere stato autorizzato da un altro soggetto a portare in compensazione dei crediti fiscali da questi vantati, a titolo di Iva, con i propri debiti fiscali per imposte non versate in due annualità. Il giudice di primo grado assolveva l'imputato per il modello presentato nel 2007 per l'intervenuta prescrizione del reato, ritenendolo invece responsabile per il fatto compiuto nel 2008, ma in appello l'imputato veniva assolto per la riqualificazione del fatto del 2008 come falso in scrittura privata, in considerazione dell'intervenuta depenalizzazione della condotta. In Cassazione la parte civile deduceva violazione di legge in ordine all'errata qualificazione giuridica della condotta, dato che non vi era dubbio che il modello F24 fosse stato compilato dall'imputato e considerato altresì che, come è notorio, il modello costituisce «un atto di fede privilegiata». Dal che ne discendeva che l'attestazione dell'imputato era destinata ad essere trasfusa in un atto pubblico così che il relativo falso ideologico era punibile ex articolo 483 cod. pen. come correttamente contestato in origine.

Compensazione dei tributi con il modello F24 - Si ricorda in premessa che il contribuente può compensare gli importi a credito di propria spettanza con debiti inerenti a tributi, contributi o premi indicati nello stesso modello F24, tenendo presente che deve essere indicato, quale importo massimo di credito compensato, l'importo necessario all'azzeramento del totale dei debiti indicati nelle varie sezioni; infatti il saldo finale del modello non può essere mai negativo (e non può essere negativo, nel caso si compili una sola sezione, neppure il saldo della singola sezione); il modello quindi non può chiudere mai con un'eccedenza di credito, ma può chiudere a zero o con un saldo positivo, cioè con un importo da versare. L'eventuale eccedenza di credito spettante potrà essere compensata, sempre nel rispetto del medesimo criterio, in occasione dei pagamenti successivi. Il modello va compilato e presentato anche nel caso in cui nulla risulti dovuto a seguito della compensazione, cioè nel caso in cui il saldo finale sia pari a zero.

La decisione - Le ragioni avanzate dalla parte civile trovano conferma nella sentenza n. 18803/2018 in esame, in quanto l'ormai prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità è consolidata nel senso che i modelli F24 di versamento di somme a titolo di imposta presso gli sportelli delle banche delegate a tale incasso costituiscano degli atti pubblici (cfr. Cass. 10 novembre 1999, n. 5584; 24 novembre 2003, n. 2569; 1 marzo 2011, n. 15571; 10 ottobre 2013, n. 50569; 3 maggio 2016, n. 18488). Il motivo di tale conclusione risiede nella constatazione che il modello F24, compilato dal privato e completato dagli addetti agli istituti di credito delegati per la riscossione delle imposte, funge, per la normativa di settore, da attestazione del pagamento delle stesse, avvenuto alla presenza del dipendente della banca delegata, e costituisce la prova documentale dell'adempimento dell'obbligazione tributaria, con efficacia pienamente liberatoria del contribuente (cfr. Cass., Sez. Un., 5 maggio 2014, n. 9567). Difatti, come si ricava dalla disciplina delle modalità di versamento delle imposte mediante delega (ex articolo 19 del Dlgs 9 luglio 1997, n. 241), «l'Amministrazione finanziaria delega agli istituti bancari l'incasso delle somme dovute a titolo di imposta, attribuendo così alle medesime, ed ai dipendenti che per esse operano e che materialmente eseguono l'operazione, i medesimi poteri attestativi che hanno i propri dipendenti, così che l'atto di versamento e di ricevuta rilasciato assume la medesima efficacia probatoria di quello che sarebbe stato formato dai funzionari pubblici, e di conseguenza, anche la medesima efficacia liberatoria dall'obbligazione tributaria». Né si possono condividere, prosegue la Sezione Penale, le diverse conclusioni cui giunge un orientamento minoritario (v. Cass. 13 febbraio 2008, n. 9146 e 29 settembre 2008, n. 36687), secondo cui il modulo F24 da utilizzare per il pagamento di contravvenzioni per irregolarità fiscali non costituisce né atto pubblico, né certificazione amministrativa, ma attestato sul contenuto di atti, in quanto attestazione derivata dell'atto di versamento della contravvenzione, e pertanto la materiale falsificazione del modello F24 integra l'ipotesi delittuosa prevista dagli articoli 478 (Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti) e 482 (Falsità materiale commessa dal privato) cod. pen., quando l'autore del falso sia un privato. È di tutta evidenza, infatti, che le pronunce in tal senso muovono «da un'incompleta considerazione della natura e della funzione dell'atto che non consiste nella sola dichiarazione di volontà del contribuente di versare le imposte dovute ma che, come si è già ricordato, costituisce anche la prova del pagamento delle stesse, pagamento avvenuto alla presenza del dipendente della banca delegata dall'amministrazione finanziaria a riscuoterle». Per cui, se il modello F24 è un atto pubblico, ne deriva che l'attestazione falsa fatta a chi partecipa alla sua redazione (ossia il dipendente della banca delegato all'incasso), configura proprio il delitto contestato in origine, previsto dall'articolo 483 cod. pen., il quale punisce chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità.

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