Rapporti di lavoro

L’inflazione spinge la rivalutazione del Tfr vicino al 10%

Oggi viene ufficializzato il valore di riferimento per il calcolo dell’indice da utilizzare su quanto accumulato a fine 2021

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di Barbara Massara e Matteo Prioschi

Oggi viene ufficializzato dall’Istat l’indice dei prezzi al consumo che si utilizza per la rivalutazione del trattamento di fine rapporto. Sulla base di quanto già definito a novembre (9,637%), è possibile stimare una conseguente rivalutazione annua del Tfr prossima al 10 per cento. Guardando le serie storiche, si tratta di uno degli incrementi più consistenti, almeno a partire dalla metà degli anni Ottanta, ed è la conseguenza della forte spinta inflazionistica che si è verificata l’anno scorso. Rispetto all’ultimo decennio, la differenza è notevole, dato che in un paio di casi si è superato il 2% e solo il coefficiente del 2021 (per il montante fino al 2020) è salito al 4,35 per cento.

La rivalutazione, in base all’articolo 2120 del Codice civile, si calcola aggiungendo, a una quota fissa pari all’1,5% annuo, una quota variabile agganciata all’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, senza tabacchi lavorati, e determinata in particolare in misura pari al 75% della differenza tra il valore di tale indice al 31 dicembre (in questo caso del 2022) e il corrispondente dell’anno precedente (in questo caso il 2021).

Il costo aziendale è pertanto determinato applicando l’indice di rivalutazione all’ammontare complessivo del Tfr accantonato in azienda al 31 dicembre 2021. Tuttavia non sempre il calcolo e l’onere della rivalutazione sono a carico del datore di lavoro.

In via generale il costo della rivalutazione è carico dei datori di lavoro con meno di 50 dipendenti, in quanto questi non sono per legge tenuti a versare il trattamento di fine rapporto al Fondo di tesoreria dell’Inps. In tale situazione, l’unica eccezione è rappresentata dai lavoratori il cui Tfr è stato trasferito ai fondi di previdenza complementare, per opzione espressa esercitata dal dipendente o con modalità tacita per coloro che nei sei mesi a disposizione abbiano omesso di effettuare la scelta sulla destinazione.

Il costo della rivalutazione è rilevato tra gli oneri del personale nel conto economico del bilancio dell'anno 2022. Tuttavia, le aziende più strutturate sono solite accantonare mensilmente gli importi, in base alla variazione comunicata dall’Istat, una volta quantificato in modo definitivo.

L’onere della rivalutazione è a carico dell’Inps per i Tfr versati sotto forma di contributo previdenziale al Fondo di tesoreria. In questo caso rimangono in capo al datore di lavoro i relativi oneri amministrativi.

Tra questi, il calcolo della rivalutazione, il versamento della relativa imposta sostituiva a carico del dipendente pari al 17% (in acconto a dicembre e a saldo a febbraio dell’anno successivo), nonché l’erogazione dell’anticipazione e/o del saldo del Tfr, comprensiva della rivalutazione. Tutti gli importi anticipati finanziariamente dall’azienda sono successivamente recuperati dalla stessa, scomputandoli dal debito contributivo nei confronti dell’istituto di previdenza.

Nessun onere, né di tipo economico né di tipo amministrativo è invece sostenuto dall’azienda a titolo di rivalutazione con riferimento ai Tfr trasferiti, con modalità esplicita o tacita, ai fondi di previdenza complementare.

In questo caso il Tfr, una volta destinato alla previdenza complementare, perde infatti la sua natura, in quanto diventa un contributo che va a confluire nella posizione individuale del lavoratore, gestita finanziariamente dallo specifico comparto prescelto dal lavoratore stesso (ovvero dal comparto garantito/assicurativo in caso di adesione con modalità tacita).

Sebbene l’articolo 8, comma 9, del decreto legislativo 252/2005 preveda che, in caso di conferimento tacito, il trattamento sia destinato alla linea di investimento più prudenziale, al fine di garantire la restituzione del capitale e «rendimenti comparabili, nei limiti previsti dalla normativa statale e comunitaria, al tasso di rivalutazione del Tfr», tuttavia l’effettivo guadagno riconosciuto all’iscritto dipende dall’andamento della gestione finanziaria del fondo. Mentre negli anni precedenti tale previsione è stata facilmente realizzata, nel 2022 considerata la crescita esponenziale dell’inflazione, è davvero difficile che i rendimenti del fondo possano essere equiparabili a quelli del Tfr.

Domande & Risposte

1
A quanto ammonta il trattamento di fine rapporto?
L'articolo 2120 del Codice civile stabilisce che «si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all'importo della retribuzione dovuta per l'anno stesso divisa per 13,5. La quota èproporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni».

2
Come si rivaluta l'importo accantonato?
Sempre l'articolo 2120 del Codice civile stabilisce che, «con esclusione della quota maturata nell'anno, è incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l'applicazione di un tasso costituito dall'1,5% in misura fissa e dal 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, rispetto al mese di dicembre dell'anno precedente». In caso di cessazione del rapporto di lavoro in corso di anno, l'incremento del Tfr si calcola in base all'indice del mese di cessazione rispetto a quello di dicembre dell'anno precedente

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