Contenzioso

Nei controlli “occulti” sempre più peso alla tutela dei beni aziendali

di Angelo Zambelli


In un contesto politico-normativo in continua evoluzione, e nell'attesa del decreto attuativo della legge delega 183/2014, l'argomento dei “controlli a distanza” continua a venire alla ribalta attraverso le decisioni dei Giudici di legittimità. In particolare, la recentissima sentenza della Corte di cassazione n. 3122 depositata il 17 febbraio scorso mostra come la giurisprudenza sia sempre più propensa a tenere in debita considerazione – e ciò in modo del tutto condivisibile – la tutela dei beni e del patrimonio aziendale allorquando sia chiamata a valutare la legittimità dei controlli cosiddetti “occulti” effettuati dal datore di lavoro al fine di accertare comportamenti illeciti del lavoratore e/o lesivi del patrimonio e dell'immagine aziendale.
In quest'ultima decisione, infatti, ribaditi i recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di cosiddetti “controlli difensivi”, è stato correttamente ritenuto che si possa (debba) acquisire nel processo, ai fini della decisione sulla legittimità dei licenziamenti intimati (a tre dipendenti), un filmato effettuato dalla Guardia di finanza dal quale emergeva che alcuni dipendenti, in concorso tra loro, falsavano la tara delle autobotti, al fine di sottrarre carburante aziendale. La questione era stata posta all'attenzione della Corte d'appello in quanto il giudice del primo grado si era limitato a ritenere illegittimi tutti e tre i licenziamenti per il solo fatto che il Dvd prodotto in giudizio dal datore di lavoro non conteneva in realtà il filmato registrato dalla Guardia di finanza, ma soltanto un programma informatico per la lettura del Dvd.
E' del tutto evidente che l'esigenza di celerità del processo non può andare a scapito del dovere di ricerca della verità materiale e risolversi – ci sia consentito - nella superficiale e frettolosa decisione di non (voler) acquisire prove evidentemente disponibili e provenienti, per di più, da fonti autorevoli quali la Guardia di finanza, con la conseguente quanto perniciosa reintegrazione di lavoratori che avevano pacificamente – come mostrato dalle immagini in questione - posto in essere operazioni fraudolente in danno del datore di lavoro.

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