Contenzioso

Partecipazione all’appalto senza verifica di reciprocità

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di Guglielmo Saporito


Gli autobus prodotti in Turchia da un'azienda italiana vincono una gara pubblica, con il sigillo del Tar di Bologna (sentenza 126 del 15 febbraio 2017).

L'acquisto di oltre 350 veicoli, in più lotti, per trasporti pubblici era stato aggiudicato a una società italiana, la quale aveva siti produttivi nel territorio nazionale, ma con personale in mobilità o cassaintegrato. Gli ordini quindi sarebbero stati evasi tramite esternalizzazione in Turchia dell'attività produttiva.

Di qui il ricorso di altro concorrente, che ha invocato l'articolo 47 del codice degli appalti (163/2006, oggi articolo 49 del Dlgs 50/2016), norma che consente la qualificazione, alle medesime condizioni richieste alle imprese italiane, per gli operatori economici stabiliti in paesi diversi dall'Italia che abbiano firmato accordi su appalti pubblici o che consentano la partecipazione ad appalti a condizioni di reciprocità. Questo divieto tende a evitare l'ingresso nelle gare di imprese con costi di gestione o ambientali, operativi e tecnici più vantaggiosi (Tar Lazio 5896/2007).

Secondo i giudici bolognesi l'articolo 47 non si applica in quanto l'impresa concorrente era italiana e si poneva quindi solo un problema di origine dei prodotti. Per forniture di beni prodotti all'estero, in Paesi privi di accordi, l'articolo 234 del codice degli appalti (oggi articolo 137 del Dlgs 50/2016), consente (ma non impone) di respingere le offerte se i prodotti superano il 50% del valore dell'offerta.

Occorre quindi valutare l'origine dei prodotti che compongono l'offerta e cioè focalizzare il Paese in cui è avvenuta l'ultima trasformazione o lavorazione sostanziale (articoli 23 e 24 del codice doganale Ue). Ciò perché la natura italiana dell'impresa non rende italiano il prodotto realizzato altrove, sebbene la produzione possa essere effettuata in proprio.

Ma anche l'articolo 234, circa i prodotti originari di Paesi terzi, non obbliga a escludere l'offerta: prevede invece la facoltà di esclusione (che va prevista nel bando di gara), nonché un criterio di preferenza per l'impresa nazionale nei casi in cui la differenza di prezzo tra due offerte (nazionale ed estera) sia inferiore al 3 per cento.

Poiché il bando di gara emiliano non prevedeva l'esclusione di offerte aventi a oggetto i prodotti originari di Paesi terzi, e la differenza di prezzo tra l'offerta risultata aggiudicataria (autobus turchi) e quella presentata dalla ricorrente (autobus italiani) era superiore al 3 per cento, il Tar ha convalidato l'aggiudicazione all'impresa italiana con veicoli prodotti in Turchia.

Il Tar di Napoli si è pronunciato (4695/2014) in merito a una fornitura di chiusini in ghisa fusi in Cina: l'impresa italiana aveva delocalizzato la produzione in oriente, seppur mantenendo la diretta progettazione, responsabilità tecnica, economica e giuridica. Un acquedotto pubblico, in sede di gara, aveva escluso il concorrente che offriva prodotti cinesi, ma la stazione appaltante napoletana aveva previsto la possibilità di escludere le offerte di prodotti originari di Paesi terzi superiori al 50% del valore dell'offerta: il Tar ha quindi convalidato l'esclusione dei chiusini cinesi.

Via libera, invece, (Tar Friuli 131/2010) per tubi in ghisa sferoidale prodotti in India, se l'ente pubblico non prevede nel bando l'esclusione di prodotti in maggioranza esteri e la differenza di prezzo, rispetto ad altri concorrenti, supera il 3 per cento.

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