Smart working con o senza i buoni pasto
Il recente comunicato dell'Anseb, l’Associazione nazionale società emettitrici buoni pasto, ha riportato nella discussione il rapporto tra lavoro agile e buoni pasto alla luce del nuovo protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile per il settore privato.
L’Anseb esprime soddisfazione per «l'importante chiarificazione che il Protocollo sul lavoro agile firmato dal ministro del Lavoro e delle Politiche sociali e dalle parti sociali, apporta per il comparto». A tal fine è necessario provare a chiarire la portata del protocollo pubblicato il 7 dicembre 2021, in particolar modo in merito alla gestione dei buoni sostitutivi della mensa, poiché lo stesso documento non innova rispetto a quanto sino a ora affermato.
In realtà, durante la più acuta emergenza epidemiologica, era stato affrontato il tema relativo al loro riconoscimento durante l'attività agile. Sul punto si era quindi concluso che l'esclusione dal godimento dei buoni pasto per i lavoratori in smart working è considerata legittima alla luce del fatto che tale istituto non è una componente della retribuzione normale, trattandosi di un'agevolazione di carattere assistenziale collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale. Viene riconosciuta quindi la caratteristica di benefit, dando la possibilità di essere riconosciuti o meno dal datore di lavoro, salvo l'esistenza di specifici obblighi contrattuali (collettivi, accordi di secondo livello o individuali) che dispongano diversamente. A queste conclusioni si è giunti attraverso una indicazione del Tribunale di Venezia dell'8 luglio 2020 e diverse sentenze della Cassazione (16135/2020 e 31137/2019). Tali indicazioni risultano conformi alla previsione di parità di trattamento retributivo previsto dall'articolo 20 della legge 81/2017.
A tal fine, occorre ricordare che il protocollo d'intesa fissa il quadro di riferimento per la definizione dello svolgimento del lavoro in smart working, fornendo quindi le linee di indirizzo per la contrattazione collettiva nazionale, aziendale e territoriale, nel rispetto della normativa e degli accordi collettivi in essere. Il documento è quindi d'indirizzo e affida alla contrattazione collettiva l'attuazione nei diversi e specifici contesti produttivi.
Il Protocollo sul lavoro agile, all'articolo 9, comma 1, affronta il tema affermando che il lavoratore agile ha diritto «alle stesse forme di welfare aziendale e di benefit previste dalla contrattazione collettiva e dalla bilateralità». Tale intervento offre un'indicazione per le regolamentazioni nazionali e agli accordi bilaterali, lasciando comunque libertà nel rispetto delle stesse alle concessioni unilaterali del datore di lavoro. L'iniziativa datoriale, ossia quelle concessioni previste da regolamenti aziendali, rimangono quindi una componente che può essere gestita anche in maniera differenziata, ma che si consiglia sempre di andare a prevedere in maniera dettagliata anche rispetto alle diverse modalità di lavoro.
Tale gestione appare poi logica nell'attuazione del lavoro agile ordinario, che si regge sull'accordo individuale previsto dalla legge 81/2017 e richiamato come elemento fondamentale anche dal Protocollo d'intesa. L'uscita dal lavoro agile emergenziale, sul quale non pende la necessità di accordo individuale, porterà con se la necessità di andare a gestire, se non lo si è già fatto, tutti gli aspetti relativi a questa diversa modalità di svolgimento dell'attività lavorativa, tra i quali anche l'utilizzo delle concessioni aziendali non regolamentate da livelli di contrattazione superiori.
Si ricorda infine che, dal punto di vista fiscale, in primis la Dre Lazio con Interpello 956-2631/2020 ha confermato che il regime fiscale agevolato per il buoni pasto si applica senza tener conto della modalità di lavoro, considerando che non sono previste limitazioni normative in merito all'erogazione da parte del datore di lavoro. La risposta richiama il regime di favore dell'articolo 51 del Tuir e anche la ratio dell'esenzione, ribadita dall'amministrazione nella risoluzione 118/2006; quest'ultima esprime la volontà del legislatore di agevolare le erogazioni ai dipendenti che si ricollegano alla necessità del datore di lavoro di provvedere alle esigenze alimentari del personale che durante l'orario di lavoro deve consumare il pasto. È quindi confermato che i buoni pasto, stante le indicazioni del decreto 122/2017 del ministero dello Sviluppo economico, anche se riconosciute per le giornate di smart working, non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente nei limiti di non imponibilità previsti dall'articolo 51 del Tuir, vale a dire 4 euro per i ticket cartacei e 8 euro per quelli elettronici.